martedì 26 novembre 2013

Il nostro futuro?


Ogni volta che leggo il giornale non ci sono mai buone notizie per il mio paese, la mia Italia che malgrado tutto io amo tanto. Oggi sono andata dalla mia cartoleria di fiducia. Dopo una decina d'anni d'attività si trova a chiudere, complice la pressione fiscale che supera il 50%.
Compro alcuni quaderni e altri prodotti a prezzo scontato, visto che tutto era in liquidazione, e torno a casa con l'amaro in bocca.
Non sono che una studentessa, tra non molto dovrei laurearmi e questa è l'Italia che mi attende, piegata da un sistema che esclude i più e ingrassa una casta di parassiti. Penso a tutti gli anni che ho passato piegata sui libri, a tutti quei meravigliosi docenti che ho incontrato nel mio percorso (perchè malgrado la macchina del fango non faccia che insultare la categoria degli insegnanti, in circa quasi 20 anni di vita come alunna, la lista dei buoni insegnanti che ho conosciuto supera di gran lunga quella dei quelli mediocri) e alla passione che hanno alimentato in me per il sapere.
Penso a tutti i progetti, scolastici e non, a cui ho partecipato e all'arricchimento generale che ne è derivato per la mia persona. Penso a quello che faccio ogni giorno per rendere la società in cui vivo un posto anche solo un pochino migliore e vedo tante persone accanto a me fare lo stesso: impegnarsi a fondo in progetti per gli altri, dare il massimo, vivere ogni esperienza con passione e intensità. Vedo l'uomo che amo fare i salti mortali per avere un domani degno di questo nome.
Ma tutto questo a quanto pare non basta. Il terreno si sgretola sotto i nostri piedi e il futuro appare ogni giorno più incerto. Io mi ricordo com'era il mondo quando io ero piccola, diciamo vent'anni fa e vedo che a una generazione di differenza la disillusione si radica nelle menti delle persone. Inermi siamo testimoni del tessuto sociale che si disfa e noi restiamo lì, passivi, senza muovere un dito. E questo mi fa male. Dovremmo protestare. Urlare per le strade. Perchè anche se non fa la differenza, in realtà la fa. Trovo che la sciame umano in silenzio assoluto nelle strade di Istanbul intenti a fissare i monumenti siano il perfetto remake moderno della protesta non violenta di Gandhi: è come se la poesia riscattasse il proprio ruolo secondario per diventare la vera protagonista della vita. Un'ideale può scalfire la superficie di una realtà fatta di violenza e penetrare nel cuore della gente.
E questa è un'idea che conforta, che ti dà un po' di speranza.