"L´ho visto dipingere tra gli olivi argentati di
Ostuni e le palme di Simeri, immerso in un mondo di idee che diventavano
all´improvviso colori sulla tela accarezzata dall´azione lenta e
sorvegliata della spatola. Alla piccola folla di curiosi che si radunava
intorno a lui diceva di Monet, Pissarro, Gauguin cose che risuonavano
dentro come una melodia di Puccini. Ma il suo cuore, e i suoi occhi, si
accendevano di un aureo bagliore quando dalle labbra fioriva un nome
conservato come un tesoro fra i rovelli dell´anima: Vincent Van Gogh.
In quel momento, Nelu Pascu tornava
idealmente a stringere il pugno di terra che aveva rubato, un pomeriggio
d´estate, sulla tomba del piccolo cimitero in cima alla collina dove il
suo mito aveva trovato finalmente pace. Rinvigoriva un rapporto,
metafisico e sentimentale, fatto di identica inquietudine, analoghe
rabbie, rivalse ottenute per mezzo di un´inarrestabile, quanto tardiva,
affermazione della pittura.
Il mare, in lontananza, riecheggiava altre suggestioni: la Grecia
che gli era stata generosa di stimoli in un viaggio vissuto come
un´avventura; la Sicilia che lo avrebbe accolto con il suo calore,
l´eterna bellezza, l´irresistibile mistero.
Nell´ora più luminosa del giorno, quando tutti erano ormai a
pranzo, ne riconoscevi l´ingombrante sagoma fra i tubetti degli acrilici
sparsi sul prato e il cavalletto ancora occupato da un grande dipinto.
Il volto, incupito, era il presagio di una sfida giunta al suo momento
più difficile: un ritratto, un paesaggio, una natura morta, dovevano,
insomma, spiccare il volo, come quei gabbiani, evanescenti
all´orizzonte, che egli aveva inventato, in un cielo striato di bianchi e
di gialli, qualche giorno prima.
«Io dipingo già quadri astratti, ma, per fortuna delle mie tasche,
nessuno li riconosce come tali», disse un giorno a un ammiratore che
gli chiedeva, preoccupato, se questo genere potesse in qualche modo
interessarlo. Non conosceva, Pascu, le parole che Giorgio Morandi aveva
pronunciato davanti alle sue celebri e polverose bottiglie: si può
dipingere tutto, basta soltanto riuscire a vederlo.
Intanto, il profumo dell´aria si arricchiva di quello che prendeva
corpo sulla sua tavolozza, fra i grumi di colore palpitanti di vita e
subito ansiosi di farsi tono e luce sulla tela cresciuta con intrigante
forza, soluzioni sorprendenti, bave di materia nelle quali udivi
riecheggiare il respiro del maestrale che accompagna una vela in mare
aperto, il verso dei grilli nascosti fra le spighe dorate di un campo di
grano, il frusciare sinistro delle foglie degli alberi in una giornata
di tempesta.
Allora l´occhio cadeva oltre i jeans macchiati e laceri di questo
pittore che parlava tenendo la mano destra sul cuore, toccati dalla
profondità di frasi uscite come per incanto dal grande scrigno della
poesia, nelle quali istantaneamente riconoscevi un uomo vero e un
artista autentico. E già nel gesto di portare alla bocca l´inseparabile
fiaschetta di grappa, scoprivi la torrida certezza che era stata di
Utrillo e Soutine prima di lui… Così, Pascu, si rivelava agli uomini e
alle donne di ogni età che lo incontravano per la prima volta, ai molti
che, attratti dalla sua figura eccentrica, facevano per avvicinarsi,
ignari della scoperta memorabile che stava per attenderli.
A ripensarci oggi, in questa sera di primavera appena iniziata, è
un po´ come rivederlo, solitario, mettere in un quadro il senso del
tempo che muta i pensieri e le cose, facendo vibrare gli animi più
sensibili come successe a lui quella volta in cui, avvicinato l´orecchio
al manto terroso che custodisce le ceneri di Van Gogh, ricevette dalla
voce del suo maestro la consegna più difficile, l´unico obbligo davvero
immutabile: la vita per la pittura."
Giovanni Faccenda
Nelu Pascu nasce a Cosmesti, in Romania, nel 1963. Appassionato d´arte e
filosofia, inizia a dipingere nel 1990 grazie agl stimoli e i consigli
del maestro David Sava. Studia diseTgno per tre anni con Gheorghe
Miron. Dalla metà degli anni Novanta si trasferisce a Padova.
Attualmente vive e lavora a Milano.
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